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Il corpo nella psicoterapia

21/04/20180

Il processo psicoterapeutico consente alla persona un progressivo riavvicinamento alla propria ricchezza e potenzialità psico-fisica, per ri-abitare il proprio corpo. Molti approcci psicoterapeutici valorizzano questo aspetto, come, ad esempio, la Bioenergetica (1), la psicoterapia corporea (2), la psicoterapia della Gestalt (3), l’integrazione posturale (4). La persona apprende pian piano a sentire innanzitutto la contrazione o il rilassamento dei vari muscoli del suo corpo (sia interni che esterni), la qualità del suo respiro, il vissuto emozionale (ansia, tranquillità, equilibrio, presenza di qualche problema irrisolto, necessità di abbandonarsi a qualche minuto di sonno), la consapevolezza dei movimenti e il rapporto con l’ambiente esterno (i rumori, la stanza, gli stimoli che intervengono).
Il terapeuta aiuta il paziente a rientrare in contatto con il proprio corpo, a poter chiudere gli occhi, a essere consapevole delle difese corporee, degli aggiustamenti, del respiro, dei piedi piantati sul terreno; lo esorta ad “autorizzarsi a prendere uno spazio nel mondo, a esserci”. Si riscopre la memoria del corpo, il modo in cui le prime esperienze tattili, cinestetiche nonché relazionali hanno lasciato un tacito segno sul corpo (5). E’ importante che la persona impari a riconoscere attentamente i segnali che gli arrivano dal proprio corpo, nonché a nominarli e descriverli. Infatti ogni qual volta non si descrive la realtà così come la sentiamo e come ci appare, rischiamo una proiezione, rischiamo cioè di attribuire agli altri parti di noi che rifiutiamo. Anche nella nostra relazione con il mondo esterno, è importante descrivere ciò che si vede. Nel momento in cui entro in contatto con la realtà, il rischio di proiettare diminuisce.
Una situazione diffusa in psicoterapia è quella in cui la persona “scappa” con lo sguardo. Quando la persona scappa, non si ascolta. E’ il caso, per es., di chi alla domanda “Cosa senti?” risponde “Normale”. Le difese corporee irrigidite e continuate possono portare a disfunzioni o vere e proprie alterazioni a livello corporeo: contratture croniche, disattivazione di alcuni schemi motori, ipotonia cronica, ecc. Spesso, nella persona, là dove c’è un blocco c’è anche un peso. Il terapeuta può rendere evidenti tali situazioni, per es., esercitando una vera e propria pressione e costrizione fisica sulla persona, facendole sentire un peso reale, tangibile, del momento; può infine chiederle cosa vuole fare per uscirne. A volte il paziente chiede “Cosa devo fare?”. Il terapeuta pone l’attenzione sul “Cosa senti di fare?”: l’obiettivo è quello di portare il paziente a sentire, ridecidere e risperimentare.
Questo può essere possibile anche a partire da come la persona vive il suo corpo. L’obiettivo è quello di passare dal “corpo che ho” al “corpo che sono”. Nel processo psicoterapeutico si cerca di potenziare sempre di più la parte della persona che vuole entrare in contatto con sé e il mondo, la parte sana, costruttiva, desiderosa di crescere ancora, in grado di operare responsabilmente delle scelte.

1) Lowen A., Bioenergetica, ed. Feltrinelli, Milano, 1990
2) Downing G., Il corpo e la parola, Astrolabio ed., Roma, 1995
3) Ginger S., La Gestalt Terapia del con-tatto emotivo, Mediterranee ed., Roma, 1990
4) C. Piroli, Integrazione Posturale, in Realtà e Prospettive in Psicofisiologia, n.8-9-10,1994
5) A. Seganti, la memoria sensoriale delle relazioni, Bollati Boringhieri ed., Torino, 1995

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