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Movimento espressivo plasmatico – Wilhelm Reich

25/10/20070

Movimento espressivo plasmatico ed espressione motoria emozionale di Wilhelm Reich

E’ difficile definire in modo rigorosamente funzionale il vivente. I concetti della vecchia psicologia e della psicologia del profondo sono legate a formazioni di parole. Ma il vivente funziona al di là di tutte le idee e di tutti i concetti di parole. Il linguaggio parlato è una forma di espressione biologica a un livello già molto superiore di sviluppo. Non è una caratteristica indispensabile del vivente perché il vivente funziona molto tempo prima che vi sia un linguaggio e formazione di parole. La psicologia del profondo opera quindi con una funzione vitale di origine recente. Negli animali l’espressione avviene per mezzo di suoni. Ma il vivente funziona come forma espressiva anche al di là e prima di ogni formazione di suono.

Il vivente si esprime in movimenti, e quindi noi parliamo di movimenti espressivi. Il movimento espressivo è una rigorosa caratteristica del protoplasma. Esso distingue tutto il vivente da tutti gli altri sistemi non viventi. La parola significa letteralmente, e noi dobbiamo intenderla alla lettera, che nel sistema vivente qualche cosa preme fuori e quindi si muove. Non è altro che lo sgorgare del protoplasma, quindi si tratta di una espansione o di una contrazione. Il significato letterale del termine emozione è movimento-fuori. Esso è nello stesso tempo movimento espressivo. Il processo fisico della emozione plasmatica o del movimento espressivo è indissolubilmente legato a un significato direttamente comprensibile che noi chiamiamo espressione emozionale. Il movimento del protoplasma ha dunque un’espressione nel senso di una emozione, e l’emozione o l’espressione di un organismo sono legati ad un movimento.

Anche se il linguaggio riesce a riflettere direttamente lo stato emotivo del plasma, non riesce però a cogliere completamente questo stato. Il vivente funziona non solo prima e al di là del linguaggio parlato; esso ha anche forme espressive motorie proprie che non sono affatto afferrabili con le parole.

Ogni individuo dotato di un senso musicale conosce lo stato emotivo che la grande musica riesce a provocare. Se si cerca di descrivere con le parole questi stati emotivi, si oppone la sensibilità musicale. La musica è senza parole e vuole rimanere tale. Malgrado ciò essa è un’espressione motoria del vivente e suscita nell’ascoltatore l'<<espressione della commozione>>.

Il linguaggio parlato funziona regolarmente anche come difesa. Il linguaggio parlato nasconde il linguaggio espressivo del nucleo biologico. In molti casi questa funzione del linguaggio parlato è talmente degenerata che le parole non esprimono più nulla e rappresentano soltanto una continua e insignificante attivazione della muscolatura del collo e delle corde vocali. In base a serie esperienze credo che in molte psicoanalisi che sono durate anni, il trattamento è divenuto vittima di questo linguaggio parlato divenuto patologico.

La terapia orgonica si differenzia da tutti gli altri tipi di influenzamento dell’organismo per il fatto che induce il malato, escludendo il linguaggio parlato, ,ad esprimersi biologicamente. In questo modo lo conduce in una profondità dalla quale egli continua a fuggire. In questo modo nella terapia orgonica si impara a conoscere, a comprendere e a influenzare il linguaggio del vivente.

Con lo smascheramento delle forme espressive patologiche impariamo a conoscere la biopatia umana e una profondità che rimane inaccessibile ai metodi terapeutici che si servono del linguaggio parlato. Questo fatto non è da attribuire ad un’insufficienza di questi meriti. Essi sono perfetti nel loro campo. Purtroppo la biopatia con la sua espressione vitale distorta è al di fuori del campo del linguaggio e delle rappresentazioni.

L’espressione emozionale può essere molto diversa da individuo a individuo. Non esistono due individui che abbiano lo stesso linguaggio, lo stesso blocco della respirazione o la stessa deambulazione. Malgrado ciò possiamo distinguere alcune forme espressive generalmente valide. Nella psicologia del profondo distinguiamo sostanzialmente il carattere <<nevrotico>> e il carattere <<genitale>> in base all’armatura muscolare e caratteriale. Diciamo che un carattere è <<nevrotico>> quando l’organismo è dominato da un’armatura rigida che l’individuo in questione non può volontariamente cambiare o eliminare. Parliamo di un carattere <<genitale>> quando le reazioni emotive non sono limitate da rigidi meccanismi, quando dunque l’individuo, a seconda della situazione in cui viene a trovarsi biologicamente, è in grado di reagire.

L’organismo armato non è in grado di sciogliere la propria armatura. Ma non è nemmeno in grado di esprimere le emozioni biologiche primitive. Esso conosce le sensazioni del solletico, ma non sa cosa sia il piacere orgonotico. Non è in grado di emettere un sospiro di piacere o di imitarlo. Al posto di un sospiro, emetterà un gemito, un grido astioso soffocato o addirittura avrà un conato di vomito. Non è in grado di emettere un grido d’ira o di battere i pugni imitando l’ira. Non è in grado di respirare completamente. Il suo diaframma è molto limitato nei suoi movimenti.

Il compito principale della terapia orgonica è la destrutturazione dell’armatura, in altre parole l’instaurazione della mobilità del plasma del corpo. .

La terapia orgonica possiede la piena capacità di ristabilire la pulsazione.

Il risultato della terapia orgonica ideale è l’apparizione del riflesso orgastico. Esso è, come sappiamo, oltre alla respirazione il fenomeno motorio più importante nel campo animale. L’organismo, nel momento dell’orgasmo, <<si abbandona>> completamente alle sue sensazioni organiche e alle pulsazioni somatiche involontarie del corpo. In questo modo il termine di <<abbandono>> è inevitabilmente collegato al riflesso orgastico. Chi conosce il nostro lavoro sa che noi non predichiamo al malato di <<abbandonarsi>>. Non servirebbe a nulla, perché non sarebbe in grado di farlo. E se fosse in grado non avrebbe bisogno del nostro aiuto. Non incitiamo nemmeno il malato <<esercitarsi nell’abbandono>>, in quanto nessuna misura tecnica volontaria sarebbe in grado di provocare l’atteggiamento involontario dell’abbandono. Il vivente funzione nel modo autonomo al di là del linguaggio, dell’intelletto e dell’arbitrio.

tratto da “Analisi del carattere”

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